Il lockdown è terminato da qualche mese e i suoi effetti sono ora più evidenti. Nel terziario, le oltre 600 imprese intervistate hanno dichiarato che le difficoltà maggiori sono quelle del pagamento dei fornitori, degli affitti, della gestione della clientela e del mantenimento del personale dipendente. Difficoltà trasversali - anche se più gravi in alcuni comparti, quali il turismo, le cui entrate si sono quasi azzerate - cui le imprese hanno fatto fronte, ricorrendo alle agevolazioni messe a disposizione dalla Stato: dai bonus alla cassa integrazione, ai finanziamenti garantiti, fino alla moratoria delle rate dei finanziamenti e alla revisione dei canoni di locazione. Questi strumenti hanno consentito, in molti casi, di arginare l’onda d’urto della crisi di fatturato e di riaprire l’attività dopo il lockdown, allorché ben il 97% delle imprese ha riaperto. Le periferie hanno sofferto di più, ma hanno anche reagito di più, grazie ad un modello di specializzazione flessibile e multisettoriale. Mentre i centri storici, le città d’arte, hanno subito più di altri territori il forte contraccolpo del crollo della domanda turistica.
La pandemia ha indotto a ripensare il modello di business dell’impresa, tanto che in molti casi le imprese hanno attivato lo Smart Working, soprattutto nei servizi, oppure formule distributive quali il Delivery o l’asporto nel commercio alimentare, oppure ancora potenziato i canali Social, nonché avviato o intensificato l’E-commerce. Nella fase successiva al lockdown, molte imprese colpite dalla caduta verticale della domanda hanno affrontato l’elevato fabbisogno di liquidità, attraverso altri prestiti bancari. Il debito bancario è aumentato per oltre il 40% delle imprese. La sfida oggi è però la continuità d’impresa, messa a dura prova da grosse incertezze sul futuro: il 70% degli imprenditori è pessimista o incerto sull’evoluzione futura, mentre il 30% è più ottimista. In questo contesto, il sistema sta comunque reagendo: solo il 6-7% degli imprenditori ha dichiarato un’elevata probabilità di chiusura dell’attività, in assenza di inversioni di tendenza, ma la chiave rimane il ritorno al mercato. Se l’apertura delle attività si è retta finora sul sostegno pubblico diretto o indiretto, nei prossimi mesi la sostenibilità sarà data solo dall’intercettazione della nuova “domanda pagante”. Il sistema terziario ne è consapevole. Questa intercettazione da parte delle imprese si baserà sull’iniezione di tecnologia, soluzioni intelligenti, e-commerce e reti di collaborazione formali e non. Ma soprattutto, si baserà sull’innovazione di prodotto/servizio, all’interno di una strategia di ripensamento complessivo dell’offerta rispetto al periodo pre-COVID e di un crescente investimento in formazione/riqualificazione del personale, che nel periodo della pandemia era stato in larga parte collocato in cassa integrazione o impiegato in Smart Working. Il lascito della pandemia è un elemento su cui interrogarsi. Molti processi che erano già in atto hanno avuto una forte accelerazione, altri sono cambiati definitivamente. Dal lato della domanda vi è una duplice tendenza: da un lato la crescita del mercato online (prossimità informatica), dall’altro il recupero del servizio di prossimità territoriale (prossimità fisica). Queste due prossimità, coltivate e integrate in nuove formule imprenditoriali, possono essere non più antagoniste, ma vieppiù sinergiche. Dal lato dell’offerta, oltre l’80% delle imprese ha dichiarato che lo Smart Working, il Delivery e l’E-commerce, così come la forte presenza sui Social, sono strategie che, seppure con intensità differenti, saranno confermate anche in futuro. Come vediamo, il mondo è già cambiato.